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Fit for 55: verso la transizione energetica

Transizione energetica: Fit for 55, spunti e opportunità

Sommario

Il 21 settembre si è svolto in forma ibrida l'evento mcTER Smart Efficiency, giornata organizzata da EIOM e CTI sulla transizione energetica nel settore industriale.
L'evento è stato dedicato alle principali novità nell'ambito del "Fit for 55: delivering the EU's 2030 Climate Target on the way to
climate neutrality", il recente pacchetto varato dalla Commissione Europea con tutte le proposte per la mitigazione e l'adattamento
ai cambiamenti climatici. La transizione la energetica come piano dell'UE su clima ed energia.

Il pacchetto FIT FOR 55

L'ultimo rapporto dell'International Panel on Climate Change (IPCC) e l'andamento della frequenza e dei costi collegati a eventi climatici avversi - quali ondate di caldo e freddo, inondazioni e bombe d'acqua, siccità, etc. - invitano a cambiare decisamente passo nella messa in campo di azioni volte alla decarbonizzazione dell'economia. Questa urgenza è alla base del cambiamento delle politiche energetiche e ambientali europee negli ultimi anni. I target per il 2030, proposti nel 2016 e approvati due anni dopo con una revisione al rialzo voluta dal Parlamento europeo (+32,5% per la transizione energetica, +32% per le rinnovabili e -40% per le emissioni climalteranti) sono sembrati da subito inadeguati alla sfida lanciata dall'Accordo di Parigi. Nel 2020 si è dunque trovato l'accordo a livello europeo per portare l'obiettivo sulle emissioni al -55% rispetto al 1990, decisione che richiede di rivedere tutto il pacchetto clima-energia. A tale proposito la Commissione ha varato a luglio 2021 la proposta Fit for 55, ossia pronti (all'obiettivo) del 55%. Il nuovo pacchetto prevede anzitutto di portare il target sulla transizione energetica al 36% (consumi finali) e 39% (fonti primarie), che si traduce in uno sforzo aggiuntivo del 9% rispetto agli impegni presi dai Paesi membri nei rispettivi Piani nazionali integrati energia e clima (PNIEC). L'obiettivo sulle fonti rinnovabili viene contestualmente innalzato al 40%. Vi sono poi una serie di target integrativi che riguardano le politiche obbligatorie per la transizione energetica, la riqualificazione energetica degli edifici pubblici, la quota delle rinnovabili integrata negli edifici, l'uso delle rinnovabili nel teleriscaldamento e teleraffrescamento, nonché nell'industria, l'uso più sostenibile delle biomasse, la diffusione di strumenti come i contratti EPC e PPA, e il ricorso sistematico al principio Energy Efficiency First (vedere la recente Raccomandazione C(2021)7014 del 28 settembre 2021). Sul fronte emissioni, l'emission trading vede un incremento del target dal -43% al -61%, oltre all'aumento della percentuale annua di riduzione delle quote di emissione (dal 2,2% al 4,2%), alla possibilità di introdurre un nuovo schema ETS per i trasporti e gli edifici, e al condizionamento dei permessi gratuiti alla realizzazione di investimenti sui processi industriali. La quota di riduzione per le attività non coperte da ETS, la cosiddetta Effort sharing regulation (ESR), sale dal 30% al 40%. È inoltre previsto il rafforzamento dei fondi a supporto dell'innovazione (per lo sviluppo delle tecnologie a basso contenuto di carbonio) e della modernizzazione (per Paesi a basso reddito). Il Pacchetto è infine corredato da misure che riguardano le foreste e l'uso del suolo, la tassazione energetica, l'impiego di biocombustibili nei trasporti, un fondo sociale climatico per cittadini e microimprese vulnerabili e il Carbon border adjustment mechanism (CBAM), ossia l'introduzione di quote di emissione su carbonio contenuto nei prodotti dei settori cemento, ferro e acciaio, alluminio, fertilizzanti e produzione elettrica. Si tratta evidentemente di una proposta che verrà vagliata e modificata prima dal Parlamento europeo e poi dal Consiglio europeo nei prossimi mesi. È senza dubbio ambiziosa e non semplice da attuare. Ma, come abbiamo detto all'inizio, c'è un'urgenza di agire che non può essere taciuta. A noi sta il compito di trovare le modalità per attuarla in modo razionale ed efficace, superando gli ostacoli economici e, soprattutto, culturali, che ci sono di intralcio nel cambiamento.

Il ruolo dell'industria nella transizione energetica
Il percorso di transizione energetica è in corso, ed è molto chiara l'ambizione del nostro Continente a conquistare il ruolo di leadership nell'efficientamento e nella produzione verde di energia, per conseguire gli obiettivi che ci traghetteranno verso la neutralità climatica al 2050. La Commissione Europea, infatti, ha recentemente pubblicato il pacchetto di misure "FIT for 55": una serie di strumenti legislativi di supporto al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla normativa europea sul clima. L'obiettivo di riferimento per il Fit for 55 è molto sfidante: un aggiornamento dell'obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 al 2030 che sale al 55%. È un segnale molto chiaro che ribadisce il forte impulso che l'Europa vuole attribuire alla transizione energetica, con un deciso riassetto del sistema economico verso la sostenibilità. Nello specifico, nel nostro Paese, coerentemente in linea con la rilevanza attribuita al processo di decarbonizzazione, si è assistito a uno stanziamento molto importante, sul totale dei fondi messi a disposizione del Piano di Ripresa e Resilienza, alla misura "Transizione Ecologica", una delle 6 misure di cui si compone il documento. In questo contesto, il ruolo dell'industria è fondamentale, in quanto il settore industriale è sempre stato protagonista dei processi di grande cambiamento e, soprattutto in questo momento, le imprese vogliono dimostrare come la dinamicità, la competitività e lo spirito innovativo che caratterizza il nostro tessuto industriale saranno di grande aiuto ad affrontare questa ulteriore sfida. La produzione di energia sarà sempre più rinnovabile e distribuita sul territorio; i consumatori potranno essere anche produttori e potranno dare il proprio contributo a mantenere l'equilibrio tra domanda e offerta di energia elettrica partecipando al mercato elettrico. Ad esempio, si potrà partecipare a meccanismi di flessibilità, come le Unità Virtuali Abilitate Miste (UVAM) che consentono di abilitare al mercato dei servizi unità di consumo, di produzione e sistemi di accumulo. La produzione di energia da fonti rinnovabili dovrà essere stimolata anche attraverso nuovi strumenti, come le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER). Le CER, infatti, attraverso il coinvolgimento di cittadini, attività commerciali e imprese del territorio, saranno capaci di produrre, consumare e scambiare energia rinnovabile in un'ottica di autoconsumo e collaborazione. Tutto questo significa che i clienti finali, consumatori di energia elettrica, possono associarsi per produrre localmente, tramite fonti rinnovabili, l'energia elettrica necessaria al proprio fabbisogno, "condividendola". In questo momento, siamo in attesa del completo recepimento del quadro regolatorio che disciplinerà il funzionamento delle Comunità Energetiche, con l'auspicio che sarà favorita una più ampia partecipazione delle imprese a questo meccanismo. L'utilizzo dei green gases, infine, ci aiuteranno nella produzione di calore. Infatti, l'utilizzo delle fonti rinnovabili porterà verso un'elettrificazione sempre più spinta dei consumi, ma sarà necessario trovare il giusto equilibrio con il fabbisogno di calore necessario allo svolgimento di specifiche attività. Si pensi, ad esempio, ai cosiddetti settori hard to abate. Di grande interesse e attenzione, in questo momento, è l'idrogeno che, prodotto da energia rinnovabile, potrà sicuramente svolgere un ruolo strategico per la decarbonizzazione di specifici settori industriali.

Biomasse e decarbonizzazione: la filiera agroforestale è protagonista della riconversione green
ed economica, è una priorità imprescindibile per accelerare la svolta green dell'economia. Un contributo in questo senso può arrivare dalle biomasse legnose, alleate preziose per conseguire i target energetici al 2030 previsti dalla Commissione Europea. Le bioenergie, utilizzate soprattutto in forma di legna da ardere e pellet, sono la principale fonte energetica rinnovabile impiegata nel settore termico nel nostro Paese e il loro utilizzo ha consentito all'Italia di raggiungere con due anni di anticipo la quota obiettivo di energie rinnovabili al 2020 fissata dall'Unione Europea. Puntare sullo sviluppo delle bioenergie porta molteplici effetti positivi e benefici. Dal punto di vista energetico, possono ridurre la dipendenza dalle fonti fossili, sia nel comparto termico che in quello elettrico, grazie all'assetto cogenerativo ad alto rendimento. Sostituire le fonti fossili con le bioenergie e in particolare con le biomasse legnose, significa ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera, mitigando l'effetto serra e i cambiamenti climatici, e riutilizzando residui legnosi altrimenti destinati allo smaltimento, in coerenza con i principi di economia circolare e sostenibilità. Non solo, l'utilizzo corretto e responsabile delle risorse legnose consente una gestione produttiva e sostenibile del patrimonio forestale nazionale, contribuendo a prevenire gli incendi, a favorire il contenimento del dissesto idrogeologico e a preservarne la capacità di assorbimento di CO2.

Valorizzare i boschi italiani in modo sostenibile
Gli ecosistemi forestali rischiano di perdere molte delle loro funzioni quando non sono gestiti correttamente. Nel nostro Paese la superficie forestale è raddoppiata negli ultimi decenni: una crescita che è determinata dall'abbandono delle attività primarie e dallo spopolamento di aree montane e collinari. Alla logica dell'abbandono va contrapposta una gestione attiva, sostenibile e responsabile del patrimonio forestale, strumento indispensabile per la tutela del territorio e la salvaguardia ambientale e paesaggistica. La gestione sostenibile e attiva delle foreste, caratterizzata da un utilizzo pianificato secondo i principi della selvicoltura naturalistica, migliora la capacità di assorbimento del carbonio delle foreste, sviluppando costantemente ulteriori capacità di sequestro, poiché la quantità di CO2 che una foresta può catturare dipende dalla crescita degli alberi. Gli alberi giovani che dominano le foreste correttamente gestite hanno un'elevata capacità di assorbire CO2 e consentono la raccolta di maggiori quantità di legno, destinato in primis alla filiera del legno da opera e poi a quella energetica.

Transizione energetica nell'industria

L'industria rappresenta da sempre un settore fondamentale nell'ambito delle politiche di transizione energetica. In Italia l'industria già da tempo non ha il primato dei consumi di energia primaria (Bilancio energetico nazionale 2019, MISE, 2021), essendo la terza voce a seguire rispetto ai consumi civili e ai trasporti. Per altro fin dalle crisi energetiche del '73-'79, l'industria ha avviato dei processi di efficientamento che hanno consentito di ottenere interessanti risultati nella riduzione dei consumi di energia primaria. Ciò deriva primariamente dal fatto che i consumi energetici costituiscono un costo nei bilanci aziendali e tanto più elevata è la loro incidenza in termini assoluti e soprattutto in termini relativi (incidenza sulla formazione del costo del prodotto), tanto più diventa fondamentale per l'impresa controllarne e possibilmente ridurne l'impatto. Soprattutto nei periodi in cui i costi dei vettori energetici salgono in modo significativo, aumentando la leva economica data dal risparmio energetico, sono soprattutto considerazioni di carattere economico a spingere l'industria all'efficienza. Al tempo stesso, in tal senso hanno rilevanza aspetti connessi a vincoli di natura legislativa di tipo diretto o indiretto (si pensi al meccanismo ETS) o attualmente la spinta verso le tematiche ESG. Per quanto le industrie, soprattutto energivore, abbiano già realizzato interventi di riqualificazione energetica, ciò non toglie che in particolare sul tema servizi ausiliari, ci siano ad oggi ancora importanti margini di miglioramento. Se le soluzioni più semplici oggi paiono scontate (es. installazione di inverter su sistemi di pompaggio o ventilazione/aspirazione) resta invece un potenzia le non sfruttato su interventi più complessi; al fine di poter progettare in modo corretto e scegliere la soluzione tecnica ideale in questo caso, è sempre più importante avere a disposizione misure relative alle utenze oggetto di intervento (es. centrali frigorifere di processo ecc.). AiCARR da sempre pone l'accento sulla priorità della transizione energetica, ed in ambito industriale in particolare ha sempre messo in evidenza l'importanza del recupero termico, il cui potenziale non sfruttato è ancora molto elevato. Il calore di scarto disponibile in ambito industriale può essere:
. Utilizzato direttamente in processi di essiccazione o deumidificazione (tipicamente con immissione diretta di aria calda o fumi in un processo industriale), o per via indiretta attraverso scambiatori di calore;
. Trasformato:
- In energia termica a livello termico più elevato, attraverso pompe di calore o trasformatori di calore;
- In energia frigorifera, tramite macchine ad assorbimento o adsorbimento;
- In energia elettrica, attraverso tecnologie termoelettriche.
. Stoccato e poi utilizzato, utilizzando Thermal Energy Storage (ad esempio a terreno).

Si tratta di progetti più complessi che spesso necessitano di integrazione con l'impiantistica esistente. Come è importante misurare per poter progettare al meglio, così la misura e verifica è fondamentale per poter correttamente determinare i risparmi energetici conseguiti, secondo i principi dell'M&V (es. protocollo IPMVP ecc) e divulgare le buone pratiche, favorendo la spinta nelle soluzioni tecniche scelte.

Conclusioni

La seconda edizione della CEI 64-8/8.1

È per questo motivo che ormai da tempo il mondo normativo elettrico impiantistico sta affrontando in termini espliciti il tema della prestazione energetica e la seconda edizione della Parte 8.1 della CEI 64-8 "Efficienza Energetica degli impianti elettrici", che entrerà in vigore il primo dicembre 2021, ne è la conferma. La Parte 8-1 della Norma CEI 64-8 propone infatti una "metrica" per misurare la prestazione energetica degli impianti elettrici; il grado di "efficienza energetica" di un impianto elettrico dipende da quanti e quali aspetti, tra quelli indicati dalla norma, sono stati considerati nella progettazione e realizzazione dell'impianto. La Parte 8.1 propone quindi diverse misure tese ad assicurare un impianto energetico efficiente, basato sul risparmio di kWh, fornendo anche una guida su come assegnare la priorità alle misure da mettere in atto, in funzione del rientro dall'investimento, vale a dire il risparmio di energia elettrica e la riduzione dei costi dell'elettricità relativamente all'importo dell'investimento. Lo scopo è quello di permettere la progettazione di un impianto elettrico efficiente che consenta un processo di gestione dell'energia in modo da adattarlo alle necessità dell'utilizzatore, rimanendo nell'ambito di un investimento accettabile. Il normatore riconferma con questa seconda edizione il metodo di classificazione dell'efficienza energetica di un impianto elettrico secondo l'ormai classico approccio delle classi e al contempo rivede la strutturazione dei principi di progettazione in ottica di transizione energetica.

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