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Barriere di contenimento e "core catcher"

- Il contesto storico
- I componenti e la massa in gioco
- Temperatura e fasi del corium
- Il calore generato nel corium
- Il trasferimento del calore all'acqua
- Confinamento all'interno del vessel del reattore
- Il confinamento ex-vessel

Il contesto storico

Gli incidenti nelle centrali nucleari di Three Mile Island nel 1979 e di Chernobyl nel 1986, anche se avvenuti in situazioni e impianti totalmente differenti, hanno spinto la ricerca mondiale a sostenere notevoli sforzi indirizzati a migliorare i nuovi progetti per affrontare gli eventi di maggiore gravità, nei quali può essere ipotizzato anche un grave danno al nocciolo del reattore.

In particolare, proprio dopo l'incidente americano di Three Mile Island, le industrie nucleari statunitensi hanno incoraggiato lo sviluppo di barriere di contenimento atte ad impedire che il materiale rilasciato dalla fusione del nocciolo possa dannegiare il basamento di calcestruzzo, come esageratamente e irrealisticamente ipotizzato nell'apocalittico film "Sindrome Cinese".

Nelle analisi di sicurezza degli impianti LWR1 degli Anni '80, gli scenari incidentali potevano rientrare infatti nelle condizioni di accettabilità migliorando la risposta dei sistemi di sicurezza o delle ridondanze, includendoli così nei cosiddetti "incidenti di progettto" (Design Basis Accident), cioè considerati nei calcoli progettuali.

Ciò per via della loro probabilità di accadimento molto bassa, e al fatto che gli impianti considerati negli USA, non si trovavano troppo vicini ad aree densamente popolate. Basse probabilità, quindi, ma con eventuali conseguenze radiologiche limitate grazie alla presenza di edifici di contenimento. Comunque nulla a che vedere con Chernobyl.

Il significativo passo in avanti sul fronte della sicurezza dei reattori LWR per ciò che riguarda i cosiddetti "incidenti severi" è stata la loro inclusione negli scenari incidentali di progetto per i progetti innovativi.

Gli studi teorici e sperimentali di questi ultimi decenni che hanno visto coinvolte le maggiori istituzioni industriali e di ricerca hanno infatti mostrato che esistono diverse soluzioni specifiche per mitigare le conseguenze di un incidente con fusione del nocciolo anche nel caso di impianti di grande potenza.

Lo scopo delle soluzioni impiantistiche proposte era ovviamente quello di bloccare l'incidente grave, stabilizzando per un periodo indefinito ciò che è rimasto del nocciolo fuso che continua a generare calore e a rilasciare vapori radioattivi.

Negli Anni '90 notevoli sforzi sono stati compiuti per verificare la possibilità di raffreddamento del corium2 all'interno degli spazi disponibili nel l'edificio di contenimento, semplicemente attivando un massiccio allagamento con acqua.

Questa possibilità, tuttavia, è stata giudicata teoricamente praticabile solo con cavità aventi superfici di scambio termico ampie o in presenza di crepe nella crosta del corium al fine di consentirne un raffreddamento profondo.

Non è stato pertanto accettato incondizionatamente dagli esperti di incidenti gravi, anche perché sono state incontrate diverse difficoltà nell'esecuzione di prove dimostrative con materiali prototipali.

Come già illustrato in un precedente numero di questa rivista, la serie di manovre che puntano a lasciare il materiale fuso all'interno del vessel sono quelle su cui si sono orientati gli americani (in-vessel cooling), probabilmente perché queste non mettono in discussione i criteri e le ipotesi ormai accettati dalla tradizione progettuale degli USA (Fig. 1).

Negli stessi Anni '90, la ricerca europea ha imboccato un'altra strada, accettando concetti innovativi di contenimento che contemplano invece la realizzazione di speciali strutture in grado di resistere anche a condizioni incidentali estreme.

Temperatura e fasi del corium

Indipendentemente dalle modalità di evoluzione dell'incidente che portano alla ricollocazione del materiale nel plenum inferiore del recipiente o nella cavità del reattore, si possono fare alcune considerazioni generali circa la temperatura e le fasi del corium.

In pratica, se la temperatura media del corium è inferiore a 1700 K, la miscela è per lo più in fase solida: è probabile che questa situazione sia dovuta ad un raffreddamento favorito dalla presenza di un po' d'acqua (sia in vessel che ex-vessel), o anche al cedimento precoce del vessel causato da sollecitazioni meccaniche.

Ipotizzando invece una temperatura del corium compresa tra 1700 K e 2850 K, i metalli sono fusi mentre e la fase ossidica è solida (i.e. UO2 e ZrO2).

Poiché la testa in acciaio del fondo del vessel ha un punto di fusione significativamente inferiore a quello dei componenti ossidici del corium, è probabile che queste condizioni si verifichino quando il combustibile del nocciolo è stato preventivamente spento con l'acqua residua nel plenum inferiore del vessel (es.: blackout dell'impianto o incidente di perdita di raffreddamento del reattore).

L'eutettico UO2 - ZrO2 e i metalli strutturali sono in fase liquida sopra i 2850 K, mentre tutte le frazioni ossidiche e metalliche sono in fase liquida solo sopra i 3100 K. Ovviamente, queste condizioni di alta temperatura implicano che il corium non è stato repentinamente raffreddato in acqua o che la rimozione del calore non ha avuto successo quando il corium non era frammentato.

Stando a quanto emerso dalle analisi dell'incidente di Three Mile Island, la massa del corium ricollocata nella regione della testa inferiore del vessel (~ 19000 kg) è stata progressivamente sottoposta a una combinazione delle diverse fasi sopra menzionate prima di raggiungere una configurazione quasi stabile.

In allegato, è possibile scaricare il pdf completo dell'articolo, che comprende tutti i paragrafi presenti nel sommario.

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Fonte: La Termotecnica ottobre 2023
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