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Decisioni, investimenti e norme per ripartire sul nuovo cammino e riprendere la crescita

Nel settore energetico il 2021 verrà ricordato per la tempesta scatenata dai livelli raggiunti dal prezzo del gas, che rimangono elevati anche all'inizio dell'anno nuovo. Con la UE e i singoli paesi che sono stati in grado di proporre solo interventi emergenziali, in quanto soluzioni strutturali possono venire esclusivamente da mercati dove prevalgono le contrattazioni a lungo termine; per quello elettrico rese possibili da una produzione rinnovabile destinata a raggiungere nel 2030 circa il 70% del totale in Italia e l'80% in Germania

Altre tempeste, di intensità ed estensione maggiori, potrebbero scatenarsi nel 2022, dato che quest'anno sono previsti 15 miliardi di finanziamenti a fondo perduto e 12,6 di prestiti, relativi alla seconda rata del PNRR, che verranno versati all'Italia nella misura in cui rispetterà le scadenze previste per il varo di determinate norme e per la realizzazione di specifici obiettivi. Molte scadenze, tra le riforme e gli investimenti previsti, sono di competenza del MiTE. Per lo sviluppo dell'idrogeno, vanno aggiudicati tutti gli appalti per R&S, dovranno entrare in vigore gli incentivi fiscali e occorre varare il progetto per la produzione di elettrolizzatori. Tutti provvedimenti ancora privi di quel riferimento, essenziale per non sbagliare, rappresentato dalla Strategia nazionale dell'idrogeno, ancora in mente Dei, malgrado il PNRR trasmesso alla Commissione europea il 30 aprile scorso ne prevedesse l'imminente pubblicazione. Entro giugno deve entrare in vigore il Decreto ministeriale relativo all'adozione della strategia per l'economia circolare, provvedimento di notevole complessità. Un secondo DM, con analoga scadenza, deve essere emanato per la gestione dei rifiuti. Nel corso dell'anno vanno altresì resi operativi decisioni concernenti gli incentivi per le rinnovabili e gli accumuli elettrochimici, norme e investimenti per promuovere l'efficientamento energetico. Si devono inoltre approvare provvedimenti trasversali, come la firma dell'accordo per il sostegno finanziario di start-up impegnate nella transizione ecologica e la riforma del pubblico impiego che dovrebbe migliorare l'attuale tempistica decisionale, incompatibile con i ritmi imposti dal PNRR.

Ai finanziamenti europei che perderemmo, non realizzando con tempestività gli adempimenti previsti, si aggiungono quelli che non arriveranno dagli investitori nazionali e stranieri, se attueremo solo parzialmente il PNIEC. Ci siamo già lasciati alle spalle il primo dei dieci anni del Piano, durante il quale i progetti autorizzati sono risultati largamente inferiori a quanto richiesto per realizzarne gli obiettivi. Nel frattempo, non si è nemmeno riusciti ad adeguare il PNIEC al nuovo target di decarbonizzazione (entro il 2030 emissioni ridotte del 55% rispetto al 1990). Della nuova versione, annunciata prima dell'estate scorsa, poi posticipata all'autunno, non è ancora circolata nemmeno una bozza. Il ritardo del PNIEC aggiornato è preoccupante, perché le modifiche più significative dovranno riguardare il trasporto, che nei paesi dell'UE ha finora contribuito meno del settore elettrico e termico al processo di decarbonizzazione. Nel decennio scorso ha infatti soddisfatto con fonti rinnovabili solo circa il 10% dei consumi finali.

L'orientamento dell'Unione europea, reso ufficiale col pacchetto "Fit for 55", è a favore dell'elettrificazione del settore, a partire dalle auto e dai furgoni, orientamento peraltro già recepito dalla Germania, principale destinataria dei prodotti dell'indotto auto italiano. Le conseguenti ricadute economiche e occupazionali hanno già portato alla messa a punto in Francia, Germania e Spagna di un Piano auto, viceversa assente nel nostro paese, malgrado l'incidenza del settore sul PIL. Inoltre, senza il supporto del nuovo Piano energia-clima, di un Piano auto e delle conseguenti politiche a sostegno della riconversione delle raffinerie - il tutto passato prima al vaglio delle parti interessate e poi approvato - con quali argomentazioni e con quale forza il Ministro per la transizione ecologica potrà affrontare il confronto in sede europea sul pacchetto "Fit for 55"? Non rappresentano certo un precedente tranquillizzante le controversie nate su quanto avrebbe deciso il CITE in merito al divieto di immatricolare veicoli a benzina e diesel dopo il 2035.

Perché il 2022 non diventi un annus horribilis non solo per il settore dell'energia, occorre pertanto evitare di aggiungere altri ostacoli ai molti già disseminati sulla strada verso la realizzazione degli obiettivi che ho menzionato: i più importanti, ma non gli unici da perseguire nell'anno appena iniziato.

L'ostacolo capace di produrre il danno maggiore, compromettendo innanzi tutto l'acquisizione di una parte rilevante dei 27,6 miliardi del PNRR, sarebbe stata un'elezione del Presidente della repubblica il cui esito provocasse la crisi dell'attuale maggioranza di governo e in primis mettesse in discussione il ruolo di garante verso l'Europa dell'attuale premier. Viceversa l'impegno con cui il governo ha ripreso a lavorare, varando subito la parte mancante della riforma della giustizia e verificando la fattibilità degli obiettivi che il PNRR dovrà realizzare nel 2022, è di buon auspicio per la crescita ecosostenibile del Paese.

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